«UN CUOR SOLO E UN'ANIMA SOLA»

(AT 4,32)

PER UNA CHIESA FRATERNA

 

 

LA STORIA DI GESÙ E IL CAMMINO DELLA CHIESA

La storia di Gesù Cristo ha regalato agli uomini la possibilità nuova e singolare di organizzare la propria vita personale e sociale partecipando all'amore familiare di Dio. La vita in comunione con Dio, che in Gesù ha costruito una storia d'Amore, educa gli uomini a prolungare questa grazia attraverso una vita fraterna, a partire dall'unica fede, speranza e carità che sono state donate a noi nello Spirito. Questa storia d'Amore che continua è la Chiesa. La Chiesa ha una storia, vive nella storia con forme nuove, mutamenti, progetti, paure, infedeltà, sogni... e sempre guidata dalle parole e dai gesti del Figlio di Dio che sono norma per la sua vita, sempre sorretta dallo Spirito a custodire e annunciare la verità tutta intera. Il dono della Parola, i sacramenti, i gesti fraterni: tutto nella Chiesa è memoria della storia di Gesù per la crescita della fede, della speranza e della carità. E la memoria deve continuamente essere accolta e interpretata dai credenti dentro la propria esistenza.

 

LA PARROCCHIA È CHIESA

La parrocchia è il luogo familiare dove la memoria di Gesù è narrata, accolta, celebrata e condivisa. Al tempo stesso, la parrocchia è il luogo abituale in cui la Chiesa traduce, porta tra le case della gente e struttura questa storia dell'Amore di Dio. Il concilio - diceva Paolo VI - «conserva, conferma, nobilita la formula parrocchiale, come espressione normale e primaria della cura d'anime», anche se - aggiungeva poi -«molte altre forme di assistenza religiosa e di apostolato sono necessarie per recare la parola e la grazia del Vangelo alle cento forme di vita degli uomini d'oggi». La parrocchia, luogo di memoria, è Chiesa. E la Chiesa - scrivono i Padri - è come la luna. Come la luna riceve la luce dal sole, così la Chiesa è illuminata da Cristo. E continuando commentano così le fasi lunari: la luna nuova è la Chiesa che evangelizza; la luna piena è la Chiesa che celebra l'eucaristia e i sacramenti, la luna calante è la Chiesa che ama, che perde la sua vita donandola.

 

«OGNI COSA ERA FRA LORO COMUNE»

L'immagine dei Padri traduce bene l'insegnamento e l'esperienza che emerge dal libro degli Atti degli apostoli nel quale, in riferimento alla vita della comunità cristiana primitiva, leggiamo: «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (Atti 2,42-48). E ancora: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno» (Atti 4,32-35).

 

UN ANNUNCIO MAI INTERROTTO

Anche la parrocchia ha vissuto e vive le tre dimensioni fondamentali - catechesi, liturgia, carità - diventando così pienamente Chiesa. La parrocchia, ogni parrocchia, è un segno e un luogo rinnovato di evangelizzazione: uno strumento per dire oggi la Parola di Dio che salva; per dire ancora, con fermezza, pazienza e simpatia col nostro tempo, le ragioni della fede in Gesù Cristo morto e risorto per noi; per accompagnare ogni persona a scoprire la propria filiazione divina. Una storia ininterrotta che inizia con la Pentecoste, con il dono dello Spirito. Un'evangelizzazione che fin dai primi secoli è amore e franchezza fino al dono della vita, cioè storia dei martiri, tra cui i diaconi (Stefano, Lorenzo...); che progressivamente trova una forma stabile attraverso l'organizzazione dell'annuncio in parrocchia. Un annuncio che conosce momenti di stanchezza, seguiti da un bisogno di riforma ricorrente nella storia della Chiesa che dà luogo a sempre nuove fioriture, tra cui la nascita di ordini e istituti religiosi nonché di movimenti laicali. Perché non leggere la proposta di una rinnovata attenzione alla testimonianza della carità come rinnovato impulso di annuncio del Vangelo al mondo con la coerenza della vita e l'atteggiamento del servizio?

 

QUALE PARROCCHIA?

La Chiesa postconciliare, specialmente in occasione di alcune assemblee sinodali dei vescovi, ha affermato l'importanza della parrocchia in relazione all'evangelizzazione verso tutti gli ambienti di vita, pur nella consapevolezza di limiti e inadeguatezze dentro una realtà sociale profondamente mutata. Nella Catechesi tradendae, Giovanni Paolo lì ha affermato: «Lo si voglia o no, la parrocchia resta un punto capitale di riferimento per il popolo cristiano, ed anche per i non praticanti. Il realismo e il buon senso, perciò, consigliano di continuare nella strada che tende a restituire alla parrocchia, dove sia necessario, strutture più adeguate e, soprattutto, un nuovo slancio» (n. 67). Ugualmente, la perdita della religiosità diffusa e l'aumento dell'indifferenza religiosa hanno portato a prospettive teologiche nuove in cui si confrontano le idee di Chiesa di massa e Chiesa di comunità: una Chiesa che nell'annuncio della Parola si rivolge indistintamente a tutti e una Chiesa che sceglie e raduna in piccole comunità i suoi fedeli. Tale distinzione, riscontrabile nella discussione sulla pastorale parrocchiale e determinante modelli e stili parrocchiali diversi, lascia aperti alcuni problemi. Da una parte, la Chiesa di massa può portare ad escludere itinerari educativi diversificati, proposte forti e puntuali in termini di annuncio e di impegno, col rischio di diluire la proposta cristiana e legarla a gesti e momenti occasionali o generici. Dall'altra, la Chiesa di comunità rischia di far perdere alla parrocchia alcune sue connotazioni essenziali: la popolarità, l'attenzione complessiva alle diverse età della vita e componenti della popolazione, il senso della relatività rispetto alla Chiesa locale e alla Chiesa universale. Un angolo di visuale sotto cui valutare l'uno e l'altro orientamento, è il risalto offerto alla scelta preferenziale per i poveri.

 

COMUNITÀ CHE EVANGELIZZA

Il futuro dell'evangelizzazione in parrocchia, che è uno dei volti essenziali per essere Chiesa tra la gente, chiede una rinnovata centralità della Parola di Dio con l'individuazione di strategie che, attraverso il parroco e un primo nucleo di fedeli, mirano a raggiungere tutti. Affinché la parola di Dio «si diffonda dovunque» (Dei verbum, n. 25) sono importanti esperienze diversificate di catechesi, la moltiplicazione di luoghi familiari di annuncio e confronto con la Parola, la ricerca di canali nuovi e occasioni inedite per la comunicazione del messaggio. Il ruolo del pastore-guida della comunità non consiste nell'assommare le molteplici incombenze di annuncio e catechesi, ma nel rendersi attivatore e «regista» dell'evangelizzazione responsabilizzando l'intera comunità dei credenti.

 

L'EUCARISTIA FA LA CHIESA

La storia della parrocchia che celebra l'eucaristia inizia la sera del giovedì santo, quando Gesù durante l'ultima cena dona il segno della sua reale e duratura presenza alla comunità dei credenti. Attraverso l'eucaristia, l'amore di Gesù che muore in croce e la potenza della sua risurrezione diventano pane del cammino, forza di tutti gli evangelizzatori e i testimoni. Nei primi tre secoli, i Padri sottolineano che «l'eucaristia fa la Chiesa». Inizialmente l'eucaristia è sempre presieduta dal vescovo, che collega ogni comunità al mistero pasquale e alla Pentecoste, ai momenti del dono e dell'invio dai quali la Chiesa nasce. Con la moltiplicazione delle comunità di fedeli nelle campagne l'eucaristia giunge prima inizialmente come fermentum: i presbiteri che vivono in comunità con il vescovo la portano ogni domenica ai fedeli lontani dalla Chiesa madre in segno di comunione. Dopo il V secolo l'eucaristia è celebrata dai presbiteri anche nelle campagne. Col tempo il fermentum trova una casa stabile (la chiesa-edificio) e un luogo preciso di conservazione (il tabernacolo) per l'adorazione e la distribuzione frequente ai fedeli, in particolare ai malati. Il luogo della celebrazione eucaristica, da questo momento, qualifica la parrocchia. Nel 1983 i vescovi italiani scrivevano: «L'eucaristia è forza che plasma la comunità e ne accresce il potenziale d'amore: la rende casa accogliente per tutti, la fontana del villaggio che offre a tutti la sua acqua sorgiva, come amava dire papa Giovanni. In essa ogni diversità si compone nell'armonia, ogni voce implorante riceve ascolto, ogni bisogno trova qualcuno che si curva su di esso con amore. Incontro, dialogo, apertura e festa ne sono le note caratteristiche» (CEI, Eucaristia, comunione e comunità, n. 28).

 

PAROLA, SACRAMENTI E VITA

Il Vaticano Il ritrova ancora una volta nell'eucaristia il centro della vita della Chiesa, «il culmine e la fonte» (Sacrosanctum concilium, n. 10) di un popolo in ascolto e in cammino. Le sottolineature teologiche che il concilio fa dell'eucaristia celebrata in parrocchia chiedono di dar vita a gesti significativi che facilitino la percezione del mistero e del dono, nonché della responsabilità che ne deriva: preparazione e partecipazione all'eucaristia vitalmente collegata agli altri sacramenti; valorizzazione dei laici accanto ai ministri ordinati; stretto collegamento tra annuncio, celebrazione e testimonianza; maggior risalto attraverso i segni sacramentali alla partecipazione piena e responsabile di tutti alla vita di comunità cristiane incarnate, vicine ai bisogni e alle speranze della gente, capaci di farsi carico dei problemi del territorio come delle attese di pace e di giustizia su scala planetaria.

 

PARROCCHIA, LUOGO DI CARITÀ

È questa la vocazione e la destinazione della parrocchia, all'interno di una costante proposta di conversione che mostra ai fedeli il cammino della santità, la realizzazione piena del comandamento dell'amore in contrasto con le tentazioni sempre presenti dell'egoismo, della diffidenza e dell'individualismo. Il ministero sacerdotale - a partire dal grado del diaconato permanente oggi riscoperto -, la condizione matrimoniale, la vita consacrata, tutti i doni e i carismi dell'intero popolo di Dio danno luogo a molteplici manifestazioni della vocazione di ogni fedele alla carità. La parrocchia è il primo e insostituibile spazio ecclesiale in cui si alimenta la crescita di una carità che significa disponibilità personale e insieme proposta missionaria attraverso gesti e impegni comunitari. Pensare a questa dimensione per le nostre parrocchie, significa collegarsi all'esemplarità fondante della prima comunità cristiana descritta dagli Atti degli apostoli, in cui subito è viva l'esigenza di «mettere in comune i propri beni», così come insieme si ascolta la parola di Dio e si spezza l'unico pane dell'eucaristia. E una coerenza intrinseca, a partire dalla quale in ogni tempo e luogo la parrocchia pratica la carità in varie forme: ospitalità dei pellegrini, cura dei malati, pane per i poveri, asilo dei perseguitati. Epoche a noi più vicine vedono fiorire opere educative e sociali per i giovani, cooperative di consumo e di credito per le famiglie, tutela e promozione di lavoratrici e lavoratori. Anche la nascita del volontariato ha forti legami con l'esperienza parrocchiale.

 

TRE DIMENSIONI DELL'UNICA COMUNITÀ

Il futuro della pastorale parrocchiale, in sintonia con i progetti diocesani e quelli della Chiesa italiana, lascia intravedere una sempre più stretta connessione tra l'ascolto e l'annuncio della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della carità. Tale prospettiva è maturata nella Chiesa italiana attraverso i tre progetti pastorali che hanno scandito gli anni del post-concilio: Evangelizzazione e sacramenti (anni '70), Comunione e comunità (anni '80) ed Evangelizzazione e testimonianza della carità (anni '90). In particolare quest'ultimo documento incentra sul Vangelo della carità le «tre essenziali dimensioni» dell'annuncio, della celebrazione e della testimonianza di cui ogni battezzato e l'intera comunità sono «soggetto» e indica con precisione l'altro obiettivo della «osmosi sempre più profonda» tra le stesse tre dimensioni (ETC n. 28). Vale la pena di ricordare che nel '92 gli Uffici Nazionali Liturgico e Catechistico e la Caritas Italiana convocarono in un unico convegno nazionale ad Assisi i referenti diocesani delle tre dimensioni; da quel primo appuntamento si sono moltiplicate le occasioni di lavorare insieme - anche con le varie altre componenti della pastorale - a livello sia diocesano che nazionale. La progettazione pastorale nella Chiesa italiana, nelle Chiese locali e, attraverso di esse, in ogni parrocchia ha significato concretamente: centralità dell'ascolto della Parola in forme personali e comunitarie, come fonte di rinnovamento della vita dei credenti; riscoperta del ruolo attivo dei fedeli nella comunità, favorito dalla partecipazione agli organismi pastorali e anche dalle varie forme associative; iniziative di condivisione con i poveri, in particolare attraverso il volontariato e servizi di accoglienza di base. L'attenzione concreta alle persone è fonte di nuova cultura sociale e di cittadinanza responsabile e solidale, in particolare attraverso il riconoscimento e la promozione della dignità e dei diritti di ogni persona, cominciando dagli ultimi. Su questa strada, tenendo uniti annuncio, celebrazione e testimonianza della carità, si apre il cammino di ogni parrocchia che vuole essere Chiesa in un preciso territorio, oggi. Chiesa tra le case della gente 16. Il sintetico sguardo fin qui tracciato sulla parrocchia aiuta a comprendere meglio la verità e l'attualità di alcune definizioni. Anzitutto quella di parrocchia come Chiesa tra la gente che la caratterizza per la sua località, storicità, territorialità. Lo stesso termine parrocchia (parà oikìa) significa letteralmente «casa accanto». Attraverso la parrocchia ogni cristiano si sente Chiesa e diventa corresponsabile. Attraverso la parrocchia, per mezzo della vocazione e missione dei fedeli, la Chiesa arriva ad ognuno, esprime prossimità ad ogni persona sentendosi debitrice della Parola, del pane dell'eucaristia, di gesti concreti di carità (cf. Christifideles laici, nn. 26-27). Nella vita della parrocchia, la definizione della Chiesa come sacramento di salvezza, sottolineata dal Concilio Vaticano II, trova il massimo di espressività e concretezza: in parrocchia ognuno può fare l'esperienza sacramentale del perdono. ricevere il sostegno dei fratelli nella sofferenza e nel bisogno, costruire la comunione con tutti nella quotidianità.

 

POPOLO IN CAMMINO...

Il percorso fatto dice anche la verità della definizione della parrocchia come popolo in cammino. L'invito ad andare, annunciare, battezzare e guarire proprio del Vangelo (Mt 28,19), lo sforzo di Paolo di «correre per conquistare la meta» (Fil 3,12), il senso di provvisorietà dell'esistenza fino a sentirsi «pellegrini e forestieri in questo mondo» (1 Pt 2,11; Lettera a Diogneto 5,5) e l'eredità di popolo dell'alleanza ricevuta attraverso Israele, sono come la strada tracciata per ogni comunità parrocchiale. Fare parrocchia è mettersi in viaggio con altri senza pretendere di scegliersi la compagnia, apprezzare il valore dell'incontro e dell'accoglienza tra diversi, sperimentare la fatica e la gioia del camminare insieme, imparare a procedere al passo degli ultimi. Si impara ad aspettarsi perché ci si salva insieme, si verifica la propria appartenenza alla Chiesa assumendo impegni e responsabilità concreti. In una parola, si cresce nella comunione, consapevoli della provvisorietà di ogni meta, della limitatezza di ogni realizzazione storica, ma protesi verso il Regno di Dio e impegnati in un certo senso a prefigurarlo (cf. Gaudium et spes, n. 39). In una parola, in parrocchia s'impara una virtù fondamentale per ogni cristiano adulto: la speranza. Per essere uomini e donne costruttori di comunione, entusiasti per l'opera a cui mettono mano e capaci di scommettere sul futuro perché davanti a loro c'è il Regno che viene.

 

…DENTRO UN TERRITORIO

Incarnazione e inculturazione possono sembrare parole troppo grosse per dare il senso della collocazione della parrocchia in un territorio. La prospettiva dell'incarnazione sta a significare quello che Dio ha scelto di essere facendosi uomo in un dato contesto storico e geografico, «piantando la sua tenda» in mezzo a noi. E l'inculturazione rimanda a un'idea di cultura non legata al sapere accademico, ma a quello che la gente sente e vive, soffre e spera. Ogni parrocchia ha senso per annunciare il Vangelo di sempre e per spezzare l'unico pane eucaristico in quel posto, in quel momento storico, con le attese e i problemi, le fatiche e le speranze, i valori e le contraddizioni di quelle persone. In una città o in un piccolo paese, nella periferia di una grande metropoli o in una vallata di montagna, la parrocchia è Chiesa che accoglie il bisogno di socialità della gente e le paure della solitudine; che fa i conti con le spinte al consumismo, i messaggi deresponsabilizzanti dei mass media, i localismi e gli individualismi. Prendendo da quel che c'è di buono per migliorarlo, resistendo al male che da qualche parte è sempre in agguato e provando ad essere, sotto lo sguardo misericordioso del Padre, «tutti responsabili di tutti» (Sollicitudo rei socialis, n. 38).

 

FRATERNITÀ ACCOGLIENTE

Nella Chiesa-parrocchia la comunione, la corresponsabilità e la partecipazione si esprimono in rapporti nuovi, in particolare tra preti e laici, attraverso nuovi strumenti e modalità di collaborazione e, perché nessuno sia escluso, con attenzione preferenziale per i piccoli e i poveri. L'ecclesiologia conciliare, in particolare nella Lumen gentium, indica la comunione e la missione come prospettive originarie ed essenziali della Chiesa vissuta come mistero e popolo di Dio. I vari soggetti che la compongono sono normalmente considerati in ordine gerarchico: papa, vescovi, presbiteri, debitori del Vangelo ad ogni persona e gruppo umano - nella prospettiva del Regno che supera ogni progetto storico - e tutti chiamati a uno sviluppo della comunione secondo le quattro note del Credo: unità, santità, apostolicità e cattolicità. La parrocchia non è la Chiesa presente in pienezza, per questo è fondamentale e vitale la piena comunione diocesana; come pure le Chiese particolari trovano sintesi nella carità di Pietro e dei suoi successori che guidano nell'unità e nella verità la Chiesa universale. La parrocchia resta comunque la via ordinaria di accesso alla comunione ecclesiale per ognuno. Per questo l'accoglienza è tratto distintivo di ogni comunità: ogni parrocchia deve aiutare chiunque ad essa si rivolga a sentirsi come in casa propria, facendosi porta aperta e luogo di accoglienza e ascolto senza pregiudizi. Dall'idea che la gente si fa della propria parrocchia dipende in buona parte il rapporto con la Chiesa universale, il modo di farsi un concetto positivo o negativo di Chiesa. È anche opportuno ricordare come il cammino dei discepoli di Cristo nella storia sia stato segnato da profonde divisioni, che tuttora permangono con l'esistenza di confessioni cristiane diverse in dialogo tra loro, ma non ancora in piena comunione: il cammino ecumenico è elemento importante per la fedeltà della Chiesa all'unico Signore. La testimonianza di carità, con la convergenza su obiettivi e progetti condivisi di servizio agli ultimi e di promozione della giustizia e della pace, è occasione preziosa di incontro, dialogo e riconciliazione.

 

CARITÀ, ANIMA DELLA COMUNIONE

Parafrasando l’inno alla carità di San Paolo, “se anche avessi ricevuto i diversi sacramenti, moltiplicassi la mia partecipazione alle celebrazioni e conoscessi fin dall'infanzia tutte le verità di fede, i comandamenti e i precetti della Chiesa; se fossi membro di molte associazioni e movimenti, partecipassi a numerosi raduni e convegni, fossi un assiduo utente dei mass media cattolici e mi impegnassi nel volontariato, ma non avessi la carità, sarei un «giovane ricco» del nostro tempo, un credente solo e triste...”. La carità crea comunione perché cerca gli altri, ogni altro, nella diversità delle situazioni personali di vita. Lo cerca perché sa di averne bisogno, prima ancora che per aiutarlo. La carità è comunione perché lascia esprimere in noi la realtà di Dio-Amore; perché trova Dio nell'altro e accoglie nell'altro un fratello; perché condivide sentimenti, beni, speranze, progetti e aiuta a scoprire che nessuno è soltanto un povero, ognuno è un dono e una risorsa. Attraverso la carità, imparata prima che insegnata, possiamo costruire una spiritualità della comunione, radicata nella quotidianità della vita: presenza discreta, feriale nei luoghi in cui si prega, si annuncia la fede, ci si impegna a gesti concreti di carità; capacità di dialogare, di parlare un linguaggio semplice, di rispettare l'altro ascoltandolo; apertura umile dell'accoglienza; responsabile e fiduciosa attenzione verso il nuovo, sano senso di discernimento senza rigidità mentali; gioia di essere cattolici (alla lettera: capaci di pensare e agire secondo il tutto) per amare la propria parrocchia come la Chiesa universale; forte anelito missionario, nella certezza che il Vangelo è la risposta alle attese di ogni persona e dell'intera umanità; capacità di cominciare a donare qualcosa chiedendo al Signore, se ci fosse bisogno, di imparare a donare perfino la vita. Ogni cristiano e ogni comunità parrocchiale può continuare a interrogarsi sul modo di vivere la carità e di essere Chiesa sviluppando gli spunti sopra accennati e aggiungendone altri. L'inno alla carità dell'apostolo Paolo (1 Cor 13) che ci siamo permessi di parafrasare può essere un utile specchio per delineare la fisionomia di carità delle nostre parrocchie.

 

I LUOGHI DELLA COMUNIONE

Il Consiglio pastorale parrocchiale è il primo, essenziale luogo della comunione e della comunicazione pastorale. Poiché - è il concilio a ricordarlo nella Lumen gentium - «i laici nella misura della scienza, della competenza e del prestigio di cui godono, hanno il diritto, anzi anche il dovere di far conoscere il loro parere su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (n. 37; cf. anche Apostolicam actuositatem, n. 10). Progetti pastorali, percorsi educativi e proposte di spiritualità trovano nel Consiglio il luogo opportuno per lo studio e la programmazione, in relazione alle esigenze e possibilità della parrocchia e puntando alla valorizzazione di ogni risorsa umana. Il Consiglio pastorale è consultivo e non decisionale: non si sostituisce alle responsabilità del parroco né alla corresponsabilità dell'intera comunità parrocchiale, ha senso come tramite del sensus fidei di tutti i membri della comunità ed eminente luogo di discernimento comunitario. L'esortazione apostolica-post-sinodale Christifideles laici (n. 27) ricorda come «il principio della collaborazione, che in certi casi è anche di decisione», debba essere applicato in modo più esteso, determinando «una valorizzazione più comunitaria, ampia e decisiva dei Consigli pastorali parrocchiali». Il Consiglio per gli affari economici è il luogo della comunione dei beni, in cui i pochi o i tanti pani e pesci sono raccolti e distribuiti per le esigenze della comunità di fede e i bisogni dei poveri. È il luogo in cui si studiano concretamente i modi più espressivi della condivisione dei pochi o tanti beni di cui una parrocchia è custode. È un luogo in cui direttamente e concretamente si esprime l'anima della comunione ecclesiale; la costituzione obbligatoria in ogni parrocchia - a norma del Codice di diritto canonico - ne suggerisce di farne un uso intelligente, per esprimere il volto della comunità verso i bisogni spirituali e materiali del territorio e del mondo. I ministeri istituiti o di fatto sono il luogo della relazione viva e della comunicazione accogliente. Basti pensare al compito - per molti versi ancora da riscoprire e sviluppare - dei ministri straordinari dell'eucaristia, che prolungano nelle case (malati, anziani...) il clima della celebrazione festiva nel giorno del Signore; oppure all'accoglienza che sa dare, in vari ambiti, la presenza della donna, laica o consacrata; o infine a tante potenzialità ministeriali, da sviluppare soprattutto oggi e nell'immediato futuro, come importanti apporti a una pastorale organica (unità pastorali, équipes a livello di zona...). La famiglia è particolare luogo e segno di comunione in parrocchia; richiede una precisa attenzione per tutte le iniziative che preparano o sostengono la vita familiare (corsi di preparazione al matrimonio, gruppi famiglia, visita e benedizione pasquale...) e ne favoriscono la partecipazione alla vita parrocchiale, la valorizzazione evangelizzante ed educativa. Dall'apporto delle famiglie l'intera comunità può ricevere un tono accogliente e un'impostazione caratterizzata da familiarità. Associazioni, gruppi e movimenti possono essere i luoghi della comunione nella missione (non dello sparpagliamento delle forze, come spesso avviene). L'originalità o il carisma che caratterizza ciascuna aggregazione ecclesiale ha importanza nella misura in cui arricchisce, direttamente o indirettamente, la vita della Chiesa locale e delle comunità parrocchiali; per questo è importante la loro presenza negli organismi di partecipazione. I luoghi di aggregazione (tra cui gli Oratori e i centri giovanili) sono preziosi strumenti per l'incontro e la comunicazione educativa. Non sempre se ne valuta l'importanza e l'attualità, soprattutto in tempi di non facile esplicitazione delle potenzialità educative della famiglia. I luoghi e le iniziative per l'accoglienza e il servizio, anche alla luce del documento CEI dopo Palermo (Con il dono della carità dentro la storia, n. 35), mentre traducono in segni visibili la testimonianza comunitaria della carità, sono altresì occasione di educazione al servizio attraverso il coinvolgimento concreto delle persone.

 

DALLA COMUNIONE LA CARITÀ OPEROSA

La carità cresce se matura la concreta ricchezza della comunione di cui ogni parrocchia è custode, sapendo che «solo una Chiesa comunione può essere soggetto credibile dell'evangelizzazione» (ETC n. 27). Non possiamo però dimenticare che la comunione nella parrocchia scaturisce dal rimanere nella vita di Cristo: è una condizione spirituale di familiarità e di confidenza col Signore, dal cui amore ci si sente sorpresi e attratti, facendo nostra l'invocazione dei discepoli di Emmaus: «rimani con noi, perché si fa sera» (Lc 24,29). Rimanere con Cristo è celebrare la sua memoria, che diventa un rimanere e abitare nella Chiesa. La parrocchia è il luogo normale (in senso non riduttivo, ma piuttosto come sostanza della quotidianità della vita cristiana) di questo «rimanere»: nei tempi e luoghi stabiliti e in tanti altri che la ricchezza creativa dell'esperienza comunitaria suggerisce, con un sovrappiù di speranza per cui si è sempre in cammino. Una parrocchia viva e vitale, per stare nel territorio e incontrare la gente che in esso vive, non può non essere soggetto di nuova evangelizzazione, di rinnovata vita liturgica e di preghiera, di creative esperienze di servizio agli ultimi.